Descrizione: Non è stato semplice per Philip, dopo aver passato tanto tempo gomito a gomito coi soldati, scegliere gli scatti di questo suo reportage sulla riconquista di Musa Qala.

Si è trattato di un incarico al seguito di una delle principali missioni dell’ISAF durante il quale spesso Philip ha avuto l’impressione di essere quasi dentro un film, tanto tutto sembrava assurdo e surreale. Dormivano nel deserto e ricorda che una notte, guardando le stelle e ammirando la “Via Lattea”, ha capito il perché di quel nome.

Mangiavano cibo in scatola e si lavavano con una bottiglia d’acqua ogni 3 giorni, ma l’essenziale era riuscire a rimanere vivi. Si spostavano su automezzi attraverso il deserto, le pianure afghane e giù attraverso gli uadi, origliando le “chiacchiere” dei Talebani e scoprendo che avevano soprannominato la loro unità i “Guerrieri che Dio protegge” poichè consideravano i loro blindati un segno di invincibilità.

Dopo aver lasciato l’unità per rifornimenti al campo base, l’ufficiale comandante aveva obbligato tutti a radersi la barba lasciata incolta da settimane, anche se per superstizione nessuno avrebbe voluto rompere l’incantesimo legato alla sopravvivenza che questa rappresentava. Poco prima del trasferimento con un’altra unità verso Musa Qala qualcuno aveva osato camminare in mezzo ai loro “letti”, di fatto sacchi a pelo buttati sulla sabbia, causando l’ira generale per la mancanza di rispetto che ciò rappresentava.

Circa un mese dopo aver lasciato la BRF abbiamo saputo che il caporale Darryl Gardiner, che aveva condotto Philip con sé a Helmand, era rimasto ucciso mentre trasportava alcuni commilitoni feriti verso l’elicottero che avrebbe dovuto trarli in salvo.

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Informazioni

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Ex Distilleria “Lo Stellino” | Padiglione esterno
Via Fiorentina, 95 – Siena

Periodo: 2019

Biografia fotografo:  

Philip Coburn inizia a lavorare come fotogiornalista in Irlanda del Nord nel 1980 prima di trasferirsi a Londra dove lavora come freelance per il Daily Telegraph nei primi anni del 1990.

Lavora a New York la prima metà degli anni novanta prima di tornare a Londra nel 1999, dove continua a lavorare per il Daily Telegraph, prima di trasferirsi al Sunday Mirror & Daily Mirror.

Ha coperto molti eventi, conflitti e disastri naturali tra cui il genocidio in Ruanda, la crisi dei rifugiati a Goma, Zaire nel 1994, l’eruzione vulcanica a Montserrat nel 1997, l’invasione dell’Iraq nel 2003, molte incursioni con i militari britannici in Iraq e Afghanistan, l’Uragano Katrina nel 2005.

Nel gennaio del 2010, aggregato all’esercito dei Marines statunitensi a Helmand, in Afghanistan, mentre viaggiava su un veicolo MRAP assieme al collega Rupert Hamer, è stato colpito da un ordigno esplosivo I.E.D. (Improvised Explosive Device). Il collega Rupert e un giovane Marine sono rimasti uccisi nell’esplosione. Lui rimane gravemente ferito perdendo entrambi gli arti inferiori.

Torna a lavorare come fotogiornalista nel 2011. Svolge nuovamente incarichi che lo portano a girare tutto il mondo incluso Gaza, Iraq, Nepal, Singapore, Costa d’Avorio, Yemen e Europa. Ritiene che l’incidente lo abbia migliorato come persona e come fotografo, facendolo diventare più empatico verso le persone e più riflessivo nell’atteggiamento con cui affronta gli incarichi.

SIENA AWARDS 2019 inaugurazione mostra Philip Coburn